martedì 19 marzo 2013

La riscoperta del vinile


Vinile o cd: quale il migliore?

Molti sostengono che il vinile sarebbe migliore del cd. Ma è proprio così?


Nel 2013 sono riapparse in edicola delle collane
discografiche che rilanciano sul mercato
il supporto del vinile.
In questi ultimi anni è in atto una riscoperta del vinile, quel supporto musicale che, dopo essere scomparso dal mercato a causa dell'avvento del cd, è rimasto pur sempre in vita all'interno di una nutrita schiera di appassionati e puristi dell'audio analogico. Recentemente si è verificata però una novità: la distribuzione a vasta scala di questo supporto nelle edicole, così come si verificava in passato, con una serie di collane discografiche una delle quali indirizzata esclusivamente ad un pubblico di ascoltatori di musica classica. Si tratta di una novità perché questa trovata commerciale ha un target diretto non solo ad un pubblico ristretto di cultori audiofili, bensì ad un bacino di acquirenti potenzialmente molto più vasto. Nell'offerta è addirittura presente una opzione per l'acquisto, a prezzo speciale, di un giradischi di buona fattura.

L'intenzione di fondo di questa operazione, pertanto, non sembra essere quella di una nostalgica rievocazione del passato, quanto piuttosto ad un tentativo di reintrodurre il concetto dell'ascolto analogico come ideale per la fruizione della musica, all'interno di un contesto culturale dove il digitale ha preso decisamente il sopravvento monopolizzando di fatto ogni esperienza d'ascolto, dal supporto discografico (CD o SACD), a quello radiofonico (web radio, radio trasmesse in digitale terrestre o satellitare DVB) passando per la musica liquida (iPad e mp3 player) dove il concetto di musica fuoriesce dal tradizionale concetto di “album” per trasformarsi in file digitali perlopiù compressi nei quali la versatilità è la caratteristica principe rispetto alla qualità con i quali tali files vengono realizzati e riprodotti.

A dire il vero questo recupero di un supporto dato per sorpassato può apparire ai più a dir poco anacronistico se dietro a questa scelta non ci fosse una idea di fondo sostenuta da molti puristi dell'analogico: l'analogico “suona meglio” del digitale. Oppure, per essere più precisi, il vinile sarebbe migliore rispetto al cd. Ma è proprio così? Ciò che intendo sostenere in quest'articolo è il fatto che non è possibile sostenere incondizionatamente la superiorità del vinile rispetto al compact-disk digitale ma che ogni caso vada considerato a sé. Per il momento nella trattazione tralascerò di approfondire altri formati audio oggi largamente in uso (come ad esempio il digitale compresso o i cd masterizzati su pc) che richiederebbero un lungo approfondimento a parte (1).

Partiamo dal presupposto principe: per i sostenitori del vinile, gli LP avrebbero un suono “migliore”, perché più “caldo”, più “realistico” rispetto al cd, da molti ritenuto “freddo”, “asettico” e – in definitiva – meno realistico. Dietro queste affermazioni esistono considerazioni soggettive d'ascolto (il gusto personale) ma anche considerazioni oggettive che val la pena di snocciolare.

Le stampe della Decca serie SXL sono tra le più ricercate
dagli audiofili per l'alta qualità del pressaggio.
Per prima cosa non tutti i vinili sono uguali. Chi ha un po' di conoscenza del settore sa benissimo che non tutte le stampe dei vinili sono uguali, esistendo differenze non soltanto nel tipo dell'incisione della lacca originale ma anche nella successiva stampa (il cosiddetto “pressaggio”). Inoltre non è neppure trascurabile il fatto che non tutto il vinile (ossia il materiale utilizzato) è della medesima qualità. Edizioni stampate in paesi diversi, con procedimenti diversi, concorrono a creare diversità tra i vari dischi, inoltre il tipo di vinile impiegato nelle edizioni economiche è sicuramente più scadente rispetto a quello utilizzato nelle edizioni di pregio così come la cura con la quale viene effettuato il pressaggio (2). Non è affatto raro ad esempio riscontrare come in molte edizioni economiche il buco non perfettamente centrato sia fonte di non pochi problemi all'atto della riproduzione del disco. Il cd, invece, è un supporto sottoposto a più rigidi standard, stampato da un ristretto numero di industrie specializzate, che non presenta differenze di sorta tra le varie stampe.

In secondo luogo non tutte le masterizzazioni sono uguali. Anche in questo caso è bene ricordare che sia la stampa su vinile che quella su cd è solo l'ultimo anello di una lunga catena di operazioni di mixing e di editing audio a partire dal nastro “master” originario, le quali possono differire notevolmente tra le varie pubblicazioni. Non è quindi un caso che medesime registrazioni pubblicate però in serie discografiche diverse possano differire anche in maniera significativa tra loro. Tali operazioni di rimasterizzazione vengono talvolta indicate in copertina utilizzando i nomi più disparati e fantasiosi (Original-Image Bit-Processing, rimasterizzazione a 24bit/96 khz, Ambient Surround Image, 3D sound, ecc). E' cosa nota che il suono delle primissime pubblicazioni in cd fosse decisamente più artefatto rispetto alle successive edizioni, a riprova del fatto che il limite non risiede tanto nel supporto digitale quanto piuttosto in come viene trattato il suono in questa lunga catena.

Il giradischi analogico è un supporto che riproduce musica attraverso un procedimento meccanico che implica uno sfregamento della puntina sul disco. Si tratta di un fatto inevitabile e che produce rumore aggiunto (fruscìo di fondo, crepitii di pulviscoli di polvere, rumore wow e flutter ecc.) non presente nella registrazione originale. Si tratta di un fatto trascurabile per la musica leggera ma può risultare alquanto fastidioso per i cultori di musica classica soprattutto per quelle opere nelle quali il “pianissimo” viene soffocato da questi rumori. Persone che sono sensibili a questi rumori non possono che considerare negativamente il vinile a favore del suono innegabilmente più “pulito” del cd.

I giradischi laser prodotti dalla ELP consentono
la lettura ottica dei tradizionali vinili.
Peccato che il costo sia particolarmente proibitivo.
A questo fatto si unisce una conseguente usura del disco ad ogni lettura dello stesso. Riguardo a questo fatto è bene però sfatare un diffuso mito, quello cioè secondo il quale i vinili si consumerebbero presto. In verità, se si utilizza un giradischi ben calibrato, il disco può essere riprodotto centinaia di volte senza significative riduzioni nella qualità d'ascolto se si eccettua un degrado delle alte frequenze (talvolta non percepito se le registrazioni originarie sono datate e già deficitarie nello spettro delle alte frequenze) e una complessiva percezione di suono più “impastato” rispetto all'ascolto di un vinile ascoltato poche volte. Il cd utilizza un procedimento di lettura ottico che, a meno di un lettore difettoso, non procura usura alcuna del supporto.

Una curiosità: recentemente sono stati realizzati giradischi laser particolarmente innovativi, prodotti dalla ditta giapponese ELP, che consentono la riproduzione dei vinili tramite lettura ottica (due raggi laser che “scandagliano” il microsolco). Il vantaggio sarebbe duplice: evitare l'usura del supporto e consentire una lettura più accurata del solco. Peccato che l'elevato costo di tali apparecchi sia davvero proibitivo per la maggior parte delle persone! Per chi vuole curiosare ecco il sito di questo produttore: http://www.elpj.com/

L'audio del vinile ha una qualità di incisione non costante, e ciò dipende dal fatto che più si procede nell'ascolto del disco, più le spire del microsolco si riducono di diametro laddove la puntina si avvicina progressivamente al centro del disco (essendo costante la velocità di rotazione). Nelle tracce più interne pertanto la qualità audio diminuisce spesso in maniera così significativa che le case discografiche più prestigiose tendono ad evitare di raggiungere le zone più interne del disco limitando la durata per facciata della registrazione. In tali casi il problema viene parzialmente risolto a scapito però di una moltiplicazione dei dischi come logica conseguenza della riduzione della durata su singolo disco. Il cd, invece, avendo una velocità di rotazione variabile non presenta tale limite ma, nel caso di supporti con problemi di lettura, gli errori jitter si concentrano soprattutto nella parte finale del disco.

Il vinile è un supporto fragile ma tendenzialmente meno vulnerabile. Contrariamente a quanto si può pensare, se il vinile è conservato in condizioni di normale cura (ossia viene riposto nella sua busta e posizionato in verticale in un luogo lontano dal calore e dall'umidità) non presenta rischi per la sua conservazione. Il caldo infatti può deformare il disco creando pericolose ondulazioni, l'umidità d'altro canto può causare la formazione di muffe sulla sua superficie. Anche nel caso di “unghiate”, generalmente il disco rimane sempre ascoltabile anche se con rumorosi “click” ad ogni giro (che possono però essere facilmente eliminati con software di editing audio presenti in commercio se si effettua una copia digitale). Il cd è ugualmente un supporto fragile, ma in alcuni casi meno sicuro, basti citare i famosi casi dei “cd abbronzati” che si sono verificati in passato (3), nei quali dopo pochi anni i cd sono risultati totalmente illeggibili a causa di una stampa difettosa. In caso di unghiate, inoltre, il cd può risultare del tutto inascoltabile (a seconda del tipo di graffio) perché non viene più riconosciuto dal lettore o perché saltano le tracce, e non sono a conoscenza di software in grado di ripristinare la leggibilità di tali supporti (4).

I dischi in vinile devono essere accuratamente
conservati in verticale per evitare spiacevoli
deformazioni del disco e della copertina.
Il vinile è un supporto meno pratico del cd. Non solo ha bisogno di costanti cure (polvere e scarsa pulizia possono pregiudicare l'ascolto e la sua integrità) ma non può essere riprodotto agevolmente in molte condizioni di ascolto, in particolare laddove vi sia movimento (ossia sulle automobili o sulle imbarcazioni). Il cd, anche se non invulnerabile allo sporco (specialmente alle “ditate”), è meno schizzinoso al riguardo. Inoltre non è di poco conto il fatto, soprattutto per chi abita in piccoli appartamenti, che una raccolta di cd occupa assai meno spazio rispetto ad una collezione di dischi, tanto più se si considera che in ambito classico sono molto diffuse le raccolte nei box cartonati e le edizioni a due cd contenuti nel medesimo Jewel case.

Infine il vinile ha un suono analogico, che non subisce codifica alcuna, e che viene restituito così come è stato inciso (ad eccezione della equalizzazione RIAA). Il cd, invece, subisce una codifica digitale del suono che in alcuni casi può presentare problemi se non effettuato a regola d'arte e presenta un minore intervallo dinamico. Si potrebbe però obiettare che ormai molte registrazioni effettuate oggi avvengono nativamente in digitale, e pertanto anche molti vinili avrebbero a monte delle registrazioni master di tipo digitale. Non è neppure trascurabile il fatto che per i cd si sia cercato di aumentare la loro qualità dinamica col sistema HDCD, ma la scarsa diffusione dei player che supportano una tale codifica proprietaria (Microsoft) e il numero limitato di pubblicazioni disponibili ha di fatto decretato l'insuccesso di questa tecnologia.

A questo punto molte di queste considerazioni deporrebbero a vantaggio del cd. Occorre però proseguire su un'altra pista: con quali apparecchi vengono riprodotti questi supporti? Fino a qualche tempo fa i lettori cd in commercio, a meno di ricorrere a prodotti che superassero i mille e passa euro, avevano scarse componenti elettroniche interne (in particolare il convertitore digitale-analogico, vero cuore dell'apparecchio), e il tipo di stabilizzatore della rotazione. Con apparecchi di basso costo il cosiddetto “jitter”, errori di lettura causati da una rotazione problematica del disco e scarse componenti DAC che introducono errori di quantizzazione possono pregiudicare a tal punto la qualità audio del disco da rendere preferibile la lettura di un vinile su un giradischi dal costo molto più modesto. Attualmente molti passi in avanti sono stati fatti anche se non tutti i problemi sono stati risolti negli apparecchi a basso costo.

Concludendo, nella mia esperienza personale di ascolto mi è capitato di ascoltare musica su vinile e cd su vari impianti traendo considerazioni del tutto opposte. In molti casi il suono del vinile, se di buona fattura e trascurando i rumori tipici di questo supporto, risulta superiore per naturalezza e calore, ma in altri casi le rimasterizzazioni in cd, se ben fatte, offrono un dettaglio e una pulizia che nel vinile originale non è assolutamente possibile raggiungere.

A questo punto credo che ciascuno trarrà le proprie personali considerazioni, supportate dalla proprie esperienze d'ascolto e da tutte quelle componenti extra-musicali che il vinile porta con sé: copertine che spesso sono una vera e propria opera d'arte, libretti acclusi con fotografie che sfigurerebbero a confronto di un qualsiasi libretto accluso nei box di plastica dei cd, omogeneità delle opere riprodotte (20-25 minuti per lato) a confronto di una vera e propria ossessione dilagante per le integrali e le durate che devono raggiungere necessariamente i 75 e più minuti per disco, andando a ripescare qua e là nel repertorio discografico pregresso senza tener conto della omogeneità delle registrazioni. Non è infatti possibile ignorare che le grandi opere di artisti rock (e non solo) sono nate tenendo conto proprio di questi 20-25 minuti di musica registrata su ogni facciata del vinile realizzando una opera d'arte integrale che le rimasterizzazioni in cd non riescono ad eguagliare. E non è neppure trascurabile un ulteriore fatto: non tutto il repertorio pubblicato in vinile è oggi disponibile su cd, e pertanto ogni vero appassionato di musica dovrà sempre fare i conti con pubblicazioni che non sono altrimenti disponibili sul mercato se non nel tradizionale formato “ellepì”.



(c) 2013 Aldo G. - E' permessa una riproduzione parziale solo se citata la fonte originaria (ossia questa pagina, basta un link).



NOTE:
(1) I cd masterizzati presentano un'infinità di problemi che li rendono supporti estremamente complessi da analizzare perché entrano in gioco una infinità di fattori: colore e composizione chimica dello strato del cdr, software di masterizzazione usato, tipo di masterizzatore impiegato, velocità di masterizzazione... In generale si può dire che si tratta di supporti estremamente fragili, con una durata nel tempo limitata (da pochi anni ad una stima massima di 25 anni per gli AZO correttamente conservati) e la qualità audio complessiva dipende dalla simbiosi che si crea tra processo di masterizzazione e apparecchio con il quale il cdr verrà riprodotto.
(2) Tra i dischi di pregio si segnalano alcune etichette che sono divenute leggendarie, e per questo particolarmente ricercate dagli audiofili, come ad esempio la serie SXL della Decca (stampata in Inghilterra tra gli anni '50 e '70), oppure i Mercury Living Presence (per la particolare cura delle registrazioni). Tra i metodi di pressaggio attualmente ritenuti migliori figura la cosiddetta stampa Direct Metal Mastering (DMM) e la più rara DTD (Direct To Disc).
(3) Alcuni tra i casi più eclatanti del fenomeno dei cosiddetti “cd abbronzati” (bronzing cd) si sono verificati in alcune stampe di una fabbrica italiana di cd e in alcune serie di dischi di alcune etichette discografiche estere. Le cause del deterioramento rapido dei cd sarebbero da rintracciare nella composizione chimica utilizzata dall'inchiostro dell'etichetta che avrebbe corroso lo strato argentato del disco a partire dall'esterno. L'etichetta inglese Hyperion ha reso disponibile una pagina del suo sito che bene illustra questo fenomeno: http://www.hyperion-records.co.uk/bronzed.asp
Qualcosa di analogo, stando a quanto riportato da un archivista della BBC, è accaduto anche per i 45 giri, conservati però in un modo improprio ossia non nelle loro buste originali di carta bensì in buste in poliestere, polietilene e poliuretano. Si è scoperto che, con l'andare degli anni e in determinate circostanze ambientali, si verifica un fenomeno chimico di migrazione della plastica dalla busta di plastica alla superficie del disco rendendolo non più suonabile.  E' possibile visualizzare al riguardo il video sul sito di Rai Teche nella sezione "Progetto Presto": http://www.teche.rai.it/presto/presto.html?/presto/presto.xml (selezionare il video "BBC-Librerie audio"). Nello stesso video è possibile vedere come si riesca a rendere leggibile un disco 78 giri anche se spezzato, utilizzando della semplice plastilina!

(4) A onor del vero alcune società garantiscono il recupero di cd graffiati, ma v'è da dire che se i graffi sono giunti in profondità ritengo ci sia ben poco da sperare (ma ciò vale anche per i vinili). Ad ogni modo non sono a conoscenza del risultato finale di tali operazioni di recupero e si tratta comunque di interventi che richiedono apparecchiature particolari. Per i vinili gravemente rovinati esistono tecniche di lettura quali giradischi a fibre ottiche, ma si tratta di pratiche fuori dall'uso di una comune utenza. In ogni caso un graffio profondo che impedisca la lettura della TOC del cd rende il cd totalmente inutilizzabile, mentre un graffio profondo su una qualsiasi porzione del vinile rende inutilizzabile sono l'area compromessa. Anche una ondulazione di un cd, lasciato ad esempio incautamente sul cruscotto di una automobile sotto il sole, rende il cd totalmente illeggibile. Al contrario mi è capitato di riprodurre senza particolari problemi (anche se con un suono davvero singolare) dei vinili fortemente ondulati.



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