giovedì 25 giugno 2009

Itinerari d'ascolto nella musica strumentale del Rinascimento


Itinerari d'ascolto nella musica strumentale del Rinascimento


Il Cinquecento fu per la musica un secolo di importanza decisiva, durante il quale nacquero nuovi generi e strutture e si svilupparono gli strumenti che avrebbero caratterizzato la storia musicale dei secoli successivi.

(di Giovanni Toffano, tratto dalla rivista "Orfeo" del 2002 con aggiornamenti sulla discografia)

Quando si parla di Rinascimento musicale è prima di tutto importante definirne i limiti temporali. Per alcuni studiosi il Rinascimento musicale coincide con un intervallo di tempo che va da Josquin Desprez ad Andrea Gabrieli, ovvero dal 1480 al 1580 mentre per altri inizia invece nell'anno in cui papa Sisto IV revocò definitivamente la scomunica ai musicanti - ancora una volta siamo nel 1480 - e finisce verso il 1630, quando cioè le numerose famiglie strumentali in voga durante tutto il XVI secolo subiscono una drastica riduzione o addirittura scompaiono e la scena è ormai dominata dagli archi. Può essere molto suggestivo fare coincidere l'inizio del Rinascimento con l'invenzione della stampa musicale a opera di Ottaviano Petrucci, avvenuta a Venezia nel 1501, e pensare che il termine di quest'epoca abbia luogo con la nascita del melodramma e l'avvento della cosiddetta «era del basso continuo», ovvero con il 1600. L'«Harmonices musices odhecaton», la prima pubblicazione di Petrucci, contiene ben 96 brani musicali, in gran parte chanson di alcuni dei più importanti autori francofiamminghi dell'epoca. È interessante notare che molte composizioni sono prive di testo o presentano una scrittura musicale talmente elaborata e d'ampia estensione da far pensare più a un'esecuzione strumentale che a quella vocale. Si può quindi presumere che questa prima stampa musicale avesse, tra l'altro, lo scopo di fornire materiale di prim'ordine a tutti quei gruppi strumentali più o meno professionali che si stavano formando in quegli anni. Non è casuale, infatti, che proprio nel medesimo periodo compaiano nei trattati di musica le prime descrizioni dettagliate di strumenti e persino del modo di suonare alcuni di essi. Nel 2001 si sono celebrati i cinquecento anni dall'invenzione petrucciana e l'uscita del disco Ottaviano dei Petrucci, Harmonices musices odhecaton del gruppo inglese di viole da gamba Fretwork ha mostrato come questo repertorio sia eseguibile con ottimi risultati da un gruppo strumentale, in questo caso avvalendosi dell'omogeneità timbrica offerta dalla famiglia delle viole da gamba. La registrazione del gruppo inglese consta di 32 brani, quindi esattamente un terzo dell'intera raccolta petrucciana, ed è pertanto in grado di darci un'idea esauriente del contenuto musicale della stessa. La produzione editoriale di Petrucci è famosa, inoltre, per la presenza di ben undici libri di frottole. La frottola è un genere musicale fiorito in Italia tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento. Pur essendo originariamente scritta per quattro parti vocali, la frottola si presta alle più svariate soluzioni esecutive, tutte ampiamente documentate dalle fonti antiche, da quella per voce sola con accompagnamento di liuto a quella per organico esclusivamente strumentale. A pieno titolo, quindi, la frottola può far parte del repertorio strumentale d'insieme del primo Rinascimento. Pur essendo una delle forme musicali più importanti dell'epoca, la frottola ha goduto ai nostri giorni di scarsa attenzione da parte della discografia. Un'eccezione è il CD «Non è tempo d'aspettare» registrato da Roberta Invernizzi accompagnata dall'Accademia Strumentale Italiana, diretta da Alberto Rasi. L'incisione della Invernizzi e di Rasi si concentra proprio sul «Primo Libro di Franciscus Bossiniensis» del 1509, dove le frottole sono scritte per voce e accompagnamento di liuto.

Dopo le frottole, che furono di gran moda in Italia durante tutto il primo ventennio del Cinquecento, la musica strumentale d'insieme trovò nuova linfa nei primi esperimenti di polifonia destinata a più strumenti. Un esempio particolarmente illuminante è quello dei ricercati imitativi della raccolta «Musica nova», pubblicata a Venezia nel 1540 e comprendente opere di Adrian Willaert, Giulio Segni da Modena, Nicolaus Benoist, Guilielmo Golin (o Colin), Girolamo Parabosco, Girolamo Cavazzoni. L'importanza della raccolta Musica nova sta soprattutto nel fatto che si tratta del primo esempio di opera strumentale basata sull'impiego sistematico del principio dell'imitazione fra le varie parti. Così come avveniva nei mottetti composti in quell'epoca, specialmente in quelli di Clemens non Papa (1510/15 ca-1555/56) e di Nicholas Gombert (1495 ca-1560), le idee tematiche vengono sviluppate in ciascuna parte in forma imitativa, creando un flusso melodico e contrappuntistico sempre vario e originale. In più, non essendo i ricercari di Musica nova legati a un testo, i compositori potevano usufruire di una maggiore libertà nell'impiego delle risorse melodiche e ritmiche. Musica nova è inoltre una vivida testimonianza dell'esistenza di una 'scuola veneziana', sorta per merito dell'eccezionale talento pedagogico di Adrian Willaert (1490 ca-1562), maestro di cappella in San Marco dal 1527. Giulio Segni (1498-1561), benché non fosse allievo di Willaert, bensì di Giacomo Fogliano, ricopri l'incarico di secondo organista a San Marco dal 1530 al 1533. Girolamo Parabosco (1524 ca-1557) fu a sua volta secondo organista della cappella marciana dal 1551 al 1557 e, secondo le sue stesse affermazioni e secondo l'opinione di Gioseffo Zarlino, fu allievo di Willaert a partire dal 1541. Girolamo Cavazzoni (1525 ca-dopo il 1577) in quanto figlio di Marc'Antonio, grande amico di Willaert, potrebbe essere stato a sua volta allievo di quest'ultimo. Tutti questi compositori appartenevano a una cerchia musicale vivace e ricca di fermenti in quanto legata a vario titolo all'ambiente letterario e artistico di Pietro Bembo, di Pietro Aretino e di Tiziano Vecellio. In particolare Parabosco era un assiduo frequentatore di casa Venier a Venezia insieme a Tiziano e all'Aretino. Il giovane organista del celebre ritratto di Tiziano «Venere e l'organista» (Madrid, Museo del Prado, 1548) è probabilmente Parabosco in persona. Vi è tra l'altro una notevole corrispondenza tra l'immagine dipinta da Tiziano e la descrizione che Andrea Calmo fa di Parabosco: «Zovene paressente e agratiao, rizzotto a mo' un puarelo» ('giovane di bella presenza e aggraziato, ricciuto come un ragazzino'). Di questa fondamentale raccolta del Rinascimento esistono due versioni discografiche, ambedue pubblicate dall'etichetta Tactus: la prima è affidata all'organista Liuwe Tamminga, che suona l'organo quattrocentesco di Lorenzo da Prato della Basilica di San Petronio a Bologna, la seconda è interpretata dal gruppo strumentale Consort Veneto, formato da flauti dolci, dulciana e spinetta. In questo secondo caso sono stati utilizzati alcuni degli strumenti citati da Jaques Moderne in «Musique de Ioye», una raccolta pubblicata a Lione tra 1547 e il 1556. In effetti «Musique de Ioye» riprende diciannove dei ricercati di «Musica nova», aggiungendone altri due, rispettivamente di Willaert e di Gabriel Costa, e ventinove danze, inserite probabilmente per rendere la pubblicazione più appetibile per il pubblico francese. Si rafforza quindi, man mano che si procede verso la metà del secolo, la tendenza all'impiego nella polifonia di complessi strumentali. Moderne indicò anche con una certa precisione gli strumenti che vanno adoperati, ovvero «espinetes, violons, & fleustes» (spinette, violini e flauti). Jordi Savall, alla testa dell'Hespérion XX, utilizza lo stesso organico previsto da Moderne in una storica registrazione, riproposta recentemente dalla casa discografica Astrée Naive. Le danze presenti nella raccolta di Moderne non sono una novità per il XVI secolo.

Infatti, già intorno alla prima metà del Quattrocento iniziò una nuova fase nella storia della danza, grazie soprattutto alla stesura dei primi trattati di esperti maestri. Mentre nell'Europa settentrionale gli autori di questi trattati sono per lo più anonimi, in Italia i nomi dei più illustri maestri di danza sono quelli di Domenico da Piacenza (1390 ca-1470 ca), di Guglielmo Ebreo da Pesaro e di Antonio Cornazano (1430 ca-1484). Questo interessante repertorio, che tuttavia considero precedente al vero e proprio Rinascimento musicale, è ben rappresentato dall'ottimo CD Alta danza del complesso Le Haulz et les Bas, che suona sotto l'esperta guida coreografica di Véronique Daniels. Con il Cinquecento e, ancora una volta, grazie all'invenzione della stampa musicale, la tradizione per lo più orale e improwisativa delle danze quattrocentesche confluì in una serie innumerevole di pubblicazioni sia per liuto solo, sia per gruppo strumentale, preferibilmente a quattro o cinque voci. Dal 1550 al 1630 le danze di corte sono ben documentate nelle fonti coreografiche e musicali. La danza veniva coltivata quotidianamente dalla nobiltà e dalla borghesia con l'assistenza di un onnipresente maestro di danza. Le danze che venivano eseguite durante le riunioni sociali erano solitamente la pavana e i branles, da danzare in cerchio e adatti a qualsivoglia numero di ballerini. C'erano poi i balletti con proprie particolari coreografie, diretti discendenti dei balli del Quattrocento. I balletti erano per un sola coppia di danzatori, per un trio o per gruppi di due o tre coppie danzanti simultaneamente. I trattati a stampa di questo periodo illustrano alcune centinaia di specifiche coreografie e musiche per danza, insieme alle regole dettagliate per l'esecuzione. Uno dei testi più importanti di quest'epoca è «Le gratie d'amore» di Cesare Negri, pubblicato nel 1602. Quando il suo trattato venne dato alle stampe, Negri era ormai anziano ed è quindi probabile che molte delle danze da lui illustrate si possano far risalire almeno fino al 1550. La musica a stampa contenente danze e balli da eseguirsi con complessi strumentali ha i suoi capisaldi nelle raccolte di Pierre Attaignant, a partire dal 1529, nella serie dei 21 balli di Giorgio Mainerio (Il primo libro de balli, Venezia 1578). Altre importanti collezioni di danze sono quelle di Tielman Susato (Danserye, Anversa 1551), seguita pochi anni dopo dall'Ocra nova de balli di Francesco Bendusi (1553) e di Michael Praetorius (Terpsichore, Wolfenbùttel 1612). Non sono purtroppo molte le edizioni discografiche di questo cospicuo repertorio. L'edizione integrale delle Danserye di Tylman Susato è incisa per la Oiseau-Lyre senza risparmio di timbri strumentali da Philipp Pickett alla testa del New London Consort; l'integrale dei balli di Mainerio del Consort Veneto e un assaggio delle danze di Praetorius è presente in un disco del Ricercar Consort e del complesso La Fenice. Molti brani tratti dal repertorio di danze, a dir il vero, si trovano sparsi in molti altri CD di musica rinascimentali. Fra i tanti cito «Chansons et Dancaries» del gruppo di fiati Piffaro, una registrazione della Archiv.

Tornando invece alla musica più dotta, la forma del ricercare per complesso strumentale si sviluppò dando luogo a due nuove forme, la fantasia e il capriccio. Quest'ultimo è esemplificato magnificamente dalla raccolta dei «Capricci in musica a tre voci» pubblicati da Vincenzo Ruffo nel 1546. Lo stesso Ruffo ebbe rapporti intensi con l'Accademia Filarmonica di Verona negli anni 1561-1563 e, guarda caso, presso l'Accademia Filarmonica si trova una delle più ricche collezioni italiane di strumenti a fiato della metà del Cinquecento. In parte proprio con questi strumenti l'Accademia Strumentale Italiana diretta da Alberto Rasi ha inciso l'integrale dei Capricci di Ruffo, offrendoci un'immagine di grande interesse di uno dei momenti più fervidi dell'attività strumentale d'insieme italiana del XVI secolo. Dopo il 1550 assumono una sempre maggiore importanza gli arrangiamenti strumentali delle chanson parigine diffuse in tutta Europa dalle stampe di Attaignant, Moderne e Susato. Tuttavia, mentre fino ad allora i brani vocali venivano trascritti tali e quali, i modelli della chanson parigina un po' alla volta vennero adottati anche per composizioni concepite appositamente per strumenti. Nacque così la canyon da sonar che occupa probabilmente la maggior parte del repertorio strumentale della fine del Cinquecento e conclude grandiosamente il Rinascimento musicale in genere e strumentale in particolare. Con il 1580 inizia infatti l'epoca delle edizioni autonome di canzoni 'da sonar'. Si creano allo stesso tempo alcune importanti scuole locali, come quella di Brescia (Fiorendo Maschera, Costanzo Antegnati, Floriano Canale), e quella di Venezia (Claudio Merulo, Andrea e Giovanni Gabrieli, Gioseffo Guami). Tutto questo importante repertorio è stato oggetto di realizzazioni discografiche soprattutto da parte di complessi di ottoni moderni o di organisti. Tra le edizioni più recenti e degne di nota per la partecipazione di strumenti d'epoca va infine segnalato il CD «Sonate e Canzoni 'per concertar con l'organo'» con musiche di Giovanni Gabrieli eseguito da uno dei migliori gruppi di cornetti e tromboni rinascimentali, il Concerto Palatino diretto da Bruce Dickey e da Charles Toet, mentre all'organo si alternano Jan Willem Jansen e Liuwe Tamminga.

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